Verso la Biennale 2018. Architettura come necessità di vuoto

Verso la Biennale 2018

Architettura come necessità di vuoto

di Mattia Mattioli – 22/05/18

“Privo di contenuto, che non contiene nulla, che non ha nulla dentro di sé”. Questa è la definizione di vuoto reperibile in un qualsiasi dizionario che ci dice tutto o niente, dipende da come la si vuole decodificare.

Il vuoto è un elemento importante insito in qualunque architettura, ma non per questo di facile progettazione.

Il manifesto Freespace di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, nonché tema e strumento per la realizzazione della 16. Mostra Internazionale di Architettura, ha spronato gli stessi architetti curatori dei vari padiglioni della Biennale a sviscerare il tema in tutte le sue possibili declinazioni:

“FREESPACE si focalizza sulla capacità dell’architettura di offrire in dono spazi liberi e supplementari a coloro che ne fanno uso, nonché sulla capacità di rivolgersi ai desideri inespressi dell’estraneo.

FREESPACE può essere uno spazio di opportunità, uno spazio democratico, non programmato e libero per utilizzi non ancora definiti. Tra le persone e gli edifici avviene uno scambio, anche se non intenzionale o non progettato, pertanto anche molto tempo dopo l’uscita di scena dell’architetto gli edifici stessi trovano nuove modalità di condivisione, coinvolgendo le persone nel corso del tempo.

L’architettura ha una vita attiva e al contempo passiva.”

E’ un po’ la stessa parola Freespace che ci introduce ed induce al tema del vuoto, a questa sua declinazione. Non a caso il vuoto in architettura è qualcosa di non occupato, di libero, uno spazio privo di contenuto e pertanto mutevole nel tempo.

Per questo il vuoto ha soprattutto una sua dimensione urbana, basti pensare all’importanza che ancora oggi riveste la piazza, fulcro e punto d’incontro e scambio fin dall’antichità, primo spazio vuoto di ogni tessuto urbano.

Oggi in un mondo dove la stratificazione e la concentrazione del tessuto cittadino sta arrivando alla completa saturazione, la progettazione del vuoto riveste un ruolo fondamentale. Gli stessi architetti si trovano a dover progettare un’architettura a volume zero.

Un valido esempio che permette di comprendere l’utilità degli spazi vuoti lo ritroviamo nel progetto per i nuovi edifici ad uso misto di St. Giles a Londra, realizzato da Renzo Piano.

Renzo Piano, edifici St. Giles, London

L’architetto si trova a dover fronteggiare alcune problematiche a partire dall’ingente volumetria prevista per l’area e la necessità di creare un legame con il contesto circostante.

Piano decide di non rinunciare alla densità urbana scegliendo di frammentare le facciate e rendendo St. Giles una scultura architettonica imponente, caratterizzata da una combinazione di facciate cangianti, l’aspetto di ciascuna delle quali è unico, diverso in altezza, per orientamento, colore e rapporto con la luce naturale.

L’aspetto importante di questo progetto è rintracciabile nel desiderio del progettista di rendere partecipe il suo edificio alla vita della città,che decide di non riempire completamente il lotto ma di svuotare la massa costruita per offrire un nuovo spazio pubblico in una zona centrale di Londra.

I temi di fruibilità e accessibilità sono assolutamente centrali nella progettazione dell’architetto, che dagli stessi schizzi preliminari ci permette di notare come i volumi siano stati pensati e definiti a partire dal vuoto centrale, la piazza, che fino ad allora non esisteva. I Cinque passaggi pedonali che attraversano gli edifici convergendo all’interno della corte centrale e la totale trasparenza del piano terra, definiscono un progetto del tutto permeabile che invita i passanti all’interno della piazza per sostare all’ombra di un albero di quercia alto 20 metri, posto al centro della stessa. Al piano terra sono dunque poste tutte le funzioni pubbliche e di accesso per quanto riguarda gli edifici destinati ad uffici oltre a bar e ristoranti.

Renzo Piano, edifici St. Giles, London, schizzi preliminari

Renzo Piano, edifici St. Giles, London, schizzi preliminari

 

L’idea è quindi quella di giungere ad una presa di coscienza che ci permetta di comprendere la qualità degli spazi vuoti e l’importanza che essi possano assumere rispetto all’architettura circostante.

Le città, come dichiara Renzo Piano nell’intervista introduttiva al catalogo della mostra “le Città Visibili” del 2007, hanno nell’inaspettato, nell’impensato alcune delle loro più affascinanti qualità:

Quando si progetta una piazza in una città, non la si deve progettare in maniera troppo precisa, perché la piazza è uno spazio vuoto e sono proprio questi spazi vuoti che nella realtà della vita vengono riempiti con l’inaspettato, con le sorprese, con l’effimero e con i momenti delle relazioni”.

 

Foto in home page: Renzo Piano, edifici St. Giles, London

Sito ufficiale 16° Biennale Architettura 2018, Venezia –  http://www.labiennale.org

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