Castelluccio Point

 Castelluccio Point

“guardavo le macerie e immaginavo il futuro”

di Paolo Belardi – 16/09/18
Articolo pubblicato sul magazine Riflesso “Emergency”, speciale sulla Cultura delle Emergenze  – www.riflesso.info

 

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Articolo di approfondimento per la sezione Architettura e Design de

Il Cortile di Francesco 2018 : Differenze – programma generale e biglietti in www.cortiledifrancesco.it

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I drammatici eventi sismici che nel corso del 2016 hanno sconvolto l’Italia centrale, e con essa il versante sud-est dell’Umbria, hanno posto all’attenzione del grande pubblico il concetto di resilienza, inteso non soltanto come la resistenza che un edificio riesce a esprimere quando viene investito da una scossa tellurica, ma anche (e forse soprattutto) come la capacità di una comunità di reagire positivamente all’annichilimento psicologico provocato dai postumi di un evento sismico. Una capacità reattiva che, se da un lato è soffocata dalla miopia della società contemporanea, tendenzialmente poco incline agli slanci visionari, dall’altro può contare sul coraggio e sulla tempra di popolazioni storicamente avvezze ad affrontare le avversità. Ma anche una capacità reattiva che trova un’incarnazione simbolica nell’arte giapponese del kintsugi, laddove i frammenti delle ceramiche infrante vengono ricomposti mediante l’inserto di un materiale prezioso, quale la polvere d’oro, che, nel caso del cratere umbro, è assimilabile a un mix alchemico fatto con i ricordi di cui sono pregne le macerie degli edifici e con le speranze che vibrano nelle fibre della canapa. Perché abitare non è solo un atto materiale, ma è anche un atto immateriale. Così come il compito della ricostruzione non è solo quello di restituire una casa, ma è anche quello di custodire un’identità. Traghettando i ricordi e le speranze oltre l’emergenza. Non a caso il concept dell’installazione realizzata dalla Regione Umbria nel cortile centrale della Ca’ Granda in occasione del Fuorisalone Milano 2018, a differenza di quanto avviene in genere, non è stato veicolato con un disegno, ma è stato veicolato con una simulazione infografica (Zabriskie Point/Castelluccio Point), ispirata a una delle sequenze più celebri della storia del cinema, e con una lettera immaginaria, volta a rivendicare l’importanza della memoria e indirizzata ad Angelica. Che è mia figlia e che, curiosamente, è coetanea della ragazzina quindicenne cui Roberto Roversi ha dedicato il testo di una celebre canzone degli Stadio: Chiedi chi erano i Beatles. In fondo il confronto generazionale è da sempre l’anima della poesia.

Cara Angelica,
quando penso al terremoto che la mattina del 30 ottobre 2016 ha colpito la nostra terra, penso sempre alle sequenze finali di
Zabriskie Point: un film che probabilmente non hai visto, ma che nonostante i tuoi quindici anni dovresti vedere, se non altro perché è il capolavoro di un grande artista, come Michelangelo Antonioni, che ha amato a tal punto l’Umbria da volerci vivere l’ultimo periodo della propria esistenza. Soprattutto penso alla spettacolarità dell’ambientazione paesaggistica, una valle della California che è nota per la sua bellezza metafisica, così come penso al boato che prelude alla devastazione della villa miliardaria, ripresa al rallentatore per eleggere i detriti a metafora della futilità consumistica. L’allestimento che abbiamo progettato per Milano sarà titolata Canapa Nera (crasi tra la fibra naturale e il fiume Nera), ma forse, proprio perché vuole evocare la bellezza metafisica di un paesaggio altrettanto struggente (la magia cromatica che anima la fiorita di Pian Grande) e vuole celebrare la drammaticità di un boato altrettanto devastante (l’onda sismica che ha sgretolato l’abitato di Castelluccio), avrebbe potuto essere titolata Castelluccio Point. Perché le macerie prelevate nelle zone rosse del cratere umbro, una volta ricomposte in un fermo-immagine ideale dell’esplosione sismica, incarneranno i valori identitari più profondi della Valnerina. Così come li incarnerà il polittico artistico realizzato dipingendo con colori esplosivi undici tele di canapa di grande formato. Valori millenari che non saranno cancellati neanche dal terremoto e che dovranno essere recuperati giorno dopo giorno per ricostruire la quotidianità con ciò che c’era (“guardavo le macerie e immaginavo il futuro”). Proprio perché conosco la tua sensibilità, ti chiedo scusa se la mia generazione non ha saputo trasmettere alla tua generazione la coscienza della storia. Sono talmente consapevole di questa mancanza da comprendere le ragioni per cui vuoi vivere la tua vita guardando sempre e solo avanti. Ciò nonostante, anche se farai di tutto per non voltarti indietro, non dimenticare mai gli affetti e le speranze che lascerai alle tue spalle. Abbi sempre presente che perdere il passato significa perdere il futuro.
Tuo padre.

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Guardavo le macerie e immaginavo il futuro
è il titolo dell’installazione presentata dalla Regione Umbria nell’ambito dell’evento di Interni House in Motion, alla Ca’ Granda di Milano in occasione della Milano Design Week,11-28 aprile 2018.

coordinamento, concept e progetto dell’allestimento
Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Paolo Belardi, Paul Henry Robb, Matteo Scoccia

concept e opere d’arte con la canapa
Studio Daniela Gerini Milano, Daniela Gerini

supporto tecnico
Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco, Glenda Giampaoli

 

 

 

 

 

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