Assisi nel tempo presente, versione Assisi

Nota preliminare
Il testo Assisi nel tempo presente è stato pensato in una duplice versione: 11 articoli a carattere locale (versione Assisi) destinati alla pubblicazione sui siti web cittadini (Assisioggi e Assisinews) ed 8 articoli per il Corriere dell’Umbria (versione Corriere) che rappresentano una sintesi e rielaborazione a valenza meno locale e più generale.
La pubblicazione di questi era stata programmata nell’ottobre scorso con la direttrice Anna Mossuto in un lasso di tempo di circa due, tre mesi. Il primo articolo è apparso il 10 dicembre e gli altri sarebbero stati pubblicati dopo le festività natalizie.
Nei primi giorni di gennaio però, vi è stato il cambio di direzione del quotidiano e la nuova linea editoriale non prevedeva contributi esterni in misura così rilevante come invece la precedente.
In conseguenza di questo cambiamento si è convenuto quindi di pubblicare nella sezione locale “Assisi Bastia” una semplice sintesi degli articoli “versione Assisi”, secondo un raggruppamento tematico ed a cura della redattrice locale del Corriere, Flavia Pagliochini.
In conseguenza di ciò vengono pubblicati in questo sito due testi:
Versione Assisi con le sintesi giornalistiche, inserite prima di ogni gruppo di cui sono la sintesi
Versione Corriere dell’Umbria con tutti gli articoli originariamente destinati al Corriere dell’Umbria

23/01/18

Indice articoli

  1. In quale modo affrontare la questione Assisi
  2. Assisi nel tempo presente. Autonomia di Cultura da Religione e Turismo. Premessa
  3. Autonomia di Cultura da Religione. Commento al documento “Assisi nel terzo millennio”, gruppo di lavoro del Vicariato per la cultura, giugno 2017
  4. Genius loci, genius temporis e il turista convertito
  5. Perché la pace e non la guerra? Libera scelta o precettistica?
  6. Assisi nel tempo presente. I miei valori di riferimento, i principi non negoziabili, le linee guida
  7. Autonomia di Cultura da Turismo
  8. A chi appartiene il Turismo? Turismo spa, azienda a maggioranza pubblica
  9. Quale Assisi?
  10. Assisi città internazionale di cultura per la formazione e produzione culturale
  11. Assisi nel tempo presente. Il percorso progettuale

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Corriere dell’Umbria 03/02/18, sintesi dei primi 5 articoli su comunicazione, religione, politica e cultura

Turismo e pellegrinaggi, serve un doppio binario, a cura di Flavia Pagliochini

cliccare per ingradire

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1 – In quale modo affrontare la “Questione Assisi”?

Assisioggi 09/11/17

Questione Assisi, Paolo Ansideri, in quale modo affrontarla?

Lo scorso primo ottobre ho voluto comunicare pubblicamente le mie dimissioni dal tavolo cultura, accennando alla divergenza politico-strategica nei confronti dell’amministrazione e rimandando allusivamente a successivi momenti di approfondimento.

Accennavo anche all’unico modo in cui i nodi di fondo della Questione Assisi possono essere a mio parere trattati. Assisi, come ogni comunità locale, rappresenta per chi intende governarne le sorti, una complessità da interpretare, conoscere ed analizzare: è un unico “ecosistema”, come viene definito del DUP (documento unico di programmazione).

Volendone ulteriormente definire il perimetro, ha palesemente in comune con altre poche città una preponderante valenza di sito storico-artistico e religioso, ma forse con altre pochissime, se non unica, porta in sé una forte carica simbolica che l’ha posta, dal 1986 anno dell’incontro interreligioso di Giovanni Paolo II, al centro di un focus mediatico di portata mondiale.

Se riconosciamo quindi in questa bozza di profilo, la natura del sito Assisi, non possiamo che definire  come estremamente oneroso lo sforzo di ridurre questa complessità ad una ragionevole comprensione razionale, necessaria per poterne tracciare linee guida di amministrazione e governo.

Una complessità che nella sua interezza va compresa, interpretata e analizzata sia quanto all’esistente che al potenzialmente implementabile.

Riduzione cognitiva e concettuale che rischia di trasformarsi in amorfa e irreale semplificazione se i modi di questa riduzione, per loro natura, non sono capaci di rendere concettualmente la complessità analizzata.

E’ per questo motivo che ritengo inadeguate le forme comunemente usate e condivise per la discussione di tematiche inerenti la politica culturale e del turismo di Assisi.

Non può un articolo di giornale permettere la compiuta esposizione di analisi, ragionamenti ed argomentazioni, né la verve di botta e risposta di contrapposizioni politiche e tantomeno post e cinguettii nascosti nei meandri (ed a volte i miasmi) dei social media.

Non può permettere una seria cognizione della profondità della questione, delle diverse analisi e visioni in campo, nessuna pratica delle cosiddette “riunioni partecipative” in cui si vorrebbe che in cinque minuti, tanto il tempo concesso al “giro di microfono”, fossero espresse serie analisi e proposte che finiscono quindi con il tramutarsi in legittime opinioni democraticamente ammesse nel consesso della libera, molto libera, espressione.

Non può permettere uno proficuo scambio di analisi divergenti, nessun tavolo di pochi eletti, che esclude a priori storici conoscitori della complessità, determinanti protagonisti della scena pubblica, valenti studiosi ed intellettuali locali, necessarie competenze esterne.

E’ in questo senso quindi, che ho ritenuto opportuno chiedere uno spazio adeguato per poter esporre le mie considerazioni, seppur non esaustivamente, nella forma di una serie di articoli che verranno pubblicati sul Corriere dell’Umbria, per quanto di carattere generale, e nel sito web di Assisioggi per quanto attinente alla realtà assisana.

Auspico che la stesso spazio venga concesso anche ad altri, per poter pensare che forse un giorno si possa arrivare ad un confronto pubblico, consapevoli delle analisi altrui e per la durata che è necessaria oltre il “democratico giro di microfono”.

Questi i prossimi articoli che saranno progressivamente pubblicati e raccolti nel sito www.oicosriflessioni.it  con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”. Gli articoli del Corriere dell’Umbria avranno il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Corriere dell’Umbria”.

  • Assisi nel tempo presente. Autonomia di Cultura da Religione e Turismo. Premessa
  • Autonomia di Cultura da Religione. Commento al documento “Assisi nel terzo millennio”, gruppo di lavoro del Vicariato per la cultura, giugno 2017
  • Genius loci, genius temporis e il turista convertito
  • Perché la pace e non la guerra? Libera scelta o precettistica?
  • Assisi nel tempo presente. I miei valori di riferimento, i principi non negoziabili, le linee guida
  • Autonomia di Cultura da Turismo
  • A chi appartiene il Turismo? Turismo spa, azienda a maggioranza pubblica
  • Quale Assisi?
  • Assisi città internazionale di cultura per la formazione e produzione culturale
  • Assisi nel tempo presente. Il percorso progettuale

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2 – Autonomia di Cultura da Religione e Turismo

Premessa

Assisioggi 10/12/17

Paolo Ansideri, Assisi nel tempo presente, autonomia di cultura da religione e turismo

Queste pagine nascono come riflessione sul dibattito politico-culturale che si è svolto ad Assisi nei primi giorni di luglio, a seguito del documento “Assisi nel terzo millennio” reso pubblico il 29 giugno e redatto dal gruppo di lavoro del Vicariato per la Cultura coordinato da don Vittorio Peri (consultabile in www.oicosriflessioni.it).

Il documento aveva ad oggetto la visione complessiva della città ed una serie di richiami a principi generali e condotte pratiche suggerite all’amministrazione ed alla cittadinanza.

Ne è nata una serie di botta e risposta giornalistici, con levata di scudi contro l’intromissione  della chiesa nella cosa pubblica, repliche degli interessati e immancabili presenze dei posizionatori di bandiere la cui assenza sarebbe stata ahimè interpretata come una mancanza dal formidabile campo della visibilità offerto da una simile uscita. Quasi tutti c’erano e si sono fatti notare. Sono passati circa cinque mesi e le pagine dei giornali locali hanno provveduto a sommergere l’argomento entro i tempi della cronaca come succederà anche a queste righe.

La scomparsa dell’argomento dalla cronaca, purtroppo significa anche scomparsa dall’ordine del giorno della politica, dato che questa oggi di cronaca si occupa.

La stabile permanenza di punti di discussione su cui tracciare linee di approfondimento e ragionamento, non è nei tempi delle evanescenti presenze on line.

Ho atteso quindi di essere fuori dai tempi giornalistici, dal focus mediatico e del dover esserci, per tentare di porre la questione sollevata dal documento sotto un altro punto di vista. 

Ho accolto con molto interesse la proposta e le riflessioni esposte nel documento, perché sono l’occasione di un’apertura di un dibattito, serio e profondo, che da tempo auspico e che da tempo propongo nelle sedi competenti, sulla politica culturale e del turismo per la città di Assisi. Per la prima volta, nell’ultimo periodo, ci troviamo di fronte ad un testo presentato all’opinione pubblica, con un senso compiuto, con una visione complessiva della vita civile della città e con una minuta elencazione di attività da realizzare.

Neanche il Documento Unico di Programmazione, è stato posto all’attenzione della pubblica opinione con tale evidenza.

Spero che la stampa locale possa dare spazio ad un dibattito serio, privo di polemica, ma altrettanto profondo e sincero senza infingimenti o remore intellettuali, né tantomeno timori reverenziali. Spero che i valori di riferimento, i principi guida, le argomentazioni proposte, le analisi e la documentazione apportata a sostegno delle proprie tesi siano il principio di ulteriori approfondimenti e  contributi e che lo spirito di proposizione delle proprie visioni e delle ragioni su cui si fondano, abbiano a proprio supporto anche la disponibilità all’accertamento dell’effettiva  rispondenza ai fatti di quanto asserito e la disponibilità all’intreccio di un confronto dialettico il cui esito potrebbe portare anche a divergenze profonde quanto ai principi ed ai fini del governo della vita di comunità.

In altre parole un dibattito può aprirsi solo se si è disponibili ad intessere un discorso razionalmente fondato, basato oltre che su dichiarazione di propri principi non negoziabili, anche sul reperimento di dati e fatti oggettivi portati a sostegno di quei principi e sull’accettazione di una comune dialettica che riconosce all’altro o la coerenza delle argomentazioni o all’opposto l’incongruenza di quanto affermato, nella sana tensione all’incontro-scontro dialogico.

Se questo non fosse sarei costretto ad opporre al documento presentato una mera elencazione di principi, precetti e raccomandazioni morali coincidenti o contrari a seconda dei principi etico-morali a cui volessi ispirarmi.

Considero il documento presentato come un documento politico nel senso più alto del termine. Intendendo per politica quel complesso teorico e organico che a partire dalla dichiarazione di principi e valori guida posti a sovrintendere la conduzione del governo della cosa pubblica, si concretizza in conseguenti prese di posizione ed attività su problematiche singole in coerenza con l’adozione di quei principi e valori. Interpreto quindi in questo senso la proposta formulata ed il suo stesso rivolgersi alla cittadinanza in modo pubblico, come un sottinteso richiamo al primato della politica purtroppo ormai scomparsa dall’orizzonte culturale e civile, e rifugiata nelle ristrettezze del duello dialettico  interpersonale all’interno del consiglio comunale.

Concordo nel ribadire il primato della politica, ma altra cosa è la condivisione di quella specifica impostazione, essendo portatore di altra visione che di seguito cercherò sommariamente di esporre.

Approfitto quindi di questa circostanza per comunicare che l’associazione Oicos riflessioni che rappresento renderà disponibili sul proprio sito www.oicosriflessioni.it tutti i documenti di approfondimento ad oggi disponibili, a sua conoscenza, sulla questione Assisi, in modo da favorire l’approfondimento delle posizioni in campo.

Chi scrive ha peraltro da tempo presentato nelle sedi competenti un documento redatto nel novembre 2016 che affronta le tematiche in questione: “Dal dossier Assisi, al progetto Assisi”, già disponibile nel sito.

Si potrà quindi al momento disporre dei seguenti testi:

  • CST, S. Berardi, P. Desinano, O.N. Fiorucci, M.S. Minuti: “ Linee guida per l’innovazione e lo sviluppo del turismo in Assisi nell’età della crisi globale,” pagine 84, aprile 2011
  • Regione Umbria, a cura di G. Moriconi, L. Bruschi, : “Quadri strategici di valorizzazione. Idee, progetti, risultati per i centri storici dell’Umbria”, Assisi, da pg. 33 a 37, pagine 5,ottobre 2013
  • Comune di Assisi: “Riunione partecipativa per la stesura del “Quadro Strategico di Valorizzazione” del centro storico di Assisi” – seduta del 13 novembre 2014, pagine 25
  • P. Ansideri: “Dal dossier Assisi, al progetto Assisi”, pagine 351, novembre 2016
  • Amministrazione comunale di Assisi: “Documento unico di programmazione (D.U.P.) – 2016 2021”, pagine 121, dicembre 2016
  • Gruppo di lavoro del Vicariato per la Cultura: “Assisi nel terzo millennio”, pagine 7, giugno 2017
  • P. Ansideri: “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”, novembre 2017 – pubblicazione progressiva
  • P. Ansideri: “Assisi nel tempo presente. Versione Corriere dell’Umbria”, dicembre 2017 – pubblicazione progressiva
  • Amministrazione comunale di Assisi – Piano marketing territoriale 2018 – nel momento in cui sarà reso pubblico

Pubblicheremo tutti i contributi di studio e approfondimento inerenti le questioni di politica culturale e turistica che ci verranno recapitati, tutti gli studi a vario titolo interessanti per il “Progetto Assisi”, ma non articoli di taglio giornalistico.Contatto: paoloansideri@libero.it

Gli articoli precedenti sono pubblicati in www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”

Prossimo articolo:  Autonomia di Cultura da Religione. Commento al documento “Assisi nel terzo millennio”, del Gruppo di lavoro del Vicariato per la Cultura, giugno 2017

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3 – Autonomia di Cultura da Religione

Commento al documento “Assisi nel terzo millennio”

giugno 2017

Assisioggi 11/01/18

Paolo Ansideri sul documento del Vicariato per la cultura del giugno scorso

(nella foto New York City –  St. Francis Church)

E’ del tutto evidente che le tematiche proposte nel documento, del gruppo di lavoro del Vicariato per la cultura (consultabile nel sito www.oicosriflessioni.it, insieme alla versione integrale del presente articolo) le argomentazioni e le prescrizioni “operative”, suscitano di per sé interesse e reazioni generali, perché in realtà si fa appello a quanto di più nascosto ed intimo regola l’agire individuale: le convinzioni profonde su cui si fonda l’esistenza di ognuno. E’ chiamata in gioco in modo totalizzante la propria visione del mondo che ci detta scale di valori e principi guida da cui facciamo discendere le nostre prese di posizione politiche e comportamentali.

Ma proprio perché è da quelle altezze, anche ultraterrene, che si vuole rivolgere un tale appello al contesto cittadino, è lì rimanendo che bisognerà cominciare a ragionare.

Gli ambiti di riferimento in cui è suddiviso il documento (spiritualità, cultura, ambiente, turismo) vengono separatamente analizzati inducendo l’idea di una non riconducibilità ad un unico fattore, ad un unico centro di pensiero e di decisioni operative.

In realtà quell’unico centro altro non è che la dimensione culturale della visione, la prospettiva di partenza che informa di sé discorsi, argomentazioni e decisioni.

A cosa afferisce se non alla dimensione culturale, l’aspetto spirituale dei fenomeni? Non solo la religione è legata alla dimensione immateriale, ma tutta l’espressione umana intesa come produzione di attività non legate al sostentamento fisico, è espressione della spiritualità insita nell’essere umano. Non c’è spiritualità nelle elegie di Sesto Properzio, nell’opera di Leopardi? Nei frammenti di Saffo? L’arte di Giotto è dimensione spirituale perché rappresenta un soggetto religioso? Mentre i sacchi di Burri non raggiungono una tale dimensione? Non c’è spiritualità nelle rappresentazioni e nei raffinati decori delle Domus Romane? Sembra quindi che il termine spiritualità venga qui inteso come semplicemente riconducibile all’ambito religioso, divino, sacrale, confessionale.

La dichiarazione dell’ambiente naturale come valore, come fine e non come mezzo nell’odierna cultura, ma anche nella “filosofia“ di Francesco, non è frutto di un’ interpretazione “culturale” dell’ambiente naturale, che lo pone all’interno di uno sguardo che lo vuole tutelato, conservato, preservato, dichiarato “bellezza naturale”, in quanto valore in sé a differenza di quanto invece accaduto ad esempio nell’isola di Pasqua, dove la civiltà dei Maoi è scomparsa proprio a causa della deforestazione?

Ed infine il TURISMO COSA È IN FIN DEI CONTI SE NON UN EFFETTO COLLATERALE DI CULTURA E PAESAGGIO? Mi sposto viaggiando per raggiungere una meta balneare, naturale, monumentale …

Tutta l’argomentazione che ho fin qui esposto, tende quindi a dimostrare che va riconosciuto come unico ambito di confronto l’ambito culturale, essendo le culture, le forme ambientali create dalle comunità umane nell’ambiente geografico e temporale di riferimento. Forme ambientali prodotte dall’interazione degli individui nella comunità e che si strutturano secondo caratteri identitari mutanti nel tempo.

La religione è una parte dell’ambito culturale, il quale contiene al suo interno  anche quello religioso, (oltre a quello scientifico, artistico, giuridico ecc..)  cioè la sfera culturale delle comunità umane organizzate, eccede l’ambito religioso che ne è una parte.

LA RELIGIONE E’ UNA DELLE FORME ED UNA PARTE DELLA CULTURA UMANA CHE COME SFERA GENERALE ECCEDE LA PARTICOLARITA’ RELIGIOSA.

Ecco dunque il primato della cultura che porta con sé il primato della politica di cui è sinonimo

Se dunque riconosciamo che ciò di cui si sta parlando è l’ambiente culturale locale, in senso molto lato, e ciò che è stato proposto dal Vicariato altro non è che la coerente attuazione di principi guida per il governo e la parziale evoluzione di quell’ambiente, allora per prima cosa di questi si dovrà discutere cercando di individuarli tra le righe dello scritto:

  1. Francesco e Chiara, il loro messaggio (i valori di accoglienza degli ultimi, pace, tolleranza, tutela del creato, ecc..) sono i generatori e custodi del genius loci, dello Spirito di Assisi. L’identità culturale della città con questo si identifica e nulla esubera questo 
  1. La fede è l’unico e determinante approccio alla città. Si dice che “Assisi è meta soprattutto di pellegrinaggi (motivati da consapevoli scelte di fede), prima ancora che di turismo religioso (interessi culturali in luoghi religiosi) e di turismo culturale. Si potrebbe dire che qui ogni turista è, o diviene, un pellegrino.”(pg. 5). Cioè se la motivazione di fede per alcuni è il motivo della visita, per altri questa viene acquisita comunque nel periodo di permanenza.  E la fede è comunque il fattore dirimente perché, se pur si riconosce che la figura di Francesco possa apparire ai non cristiani solo nel suo valore storico e culturale, pur tuttavia tutti dovranno agire ” contrastando  .. quella sorta di mutilazione che si fa della figura di s. Francesco,  …quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti, apprezzati dall’odierna cultura, ma dimenticando che la scelta profonda, potremmo dire il cuore della sua vita, è la scelta di Cristo”, cioè la fede.
  1. I principi della dottrina ed etica cattolica, devono ispirare e guidare anche l’azione del governo cittadino che deve assumersi la responsabilità anche a livello mondiale della difesa del valore della vita perché “ci siamo acclimatati alla loro soppressione (dei bambini ndr) legalizzata nel grembo materno (pg. 3 – punto 2) e la “ ..cultura della famiglia “come società naturale fondata sul matrimonio” .. … a chi giova che tanti bambini non possano più dire ‘papà’ e ‘mamma’..” (pg. 3- punto 3)
  1. La chiesa cattolica è la garante e custode di tali valori e la città altro non deve essere oltre la testimonianza costante di quel messaggio (salvo rare eccezioni, Calendimaggio, monumenti storici non francescani… pg. 2) tramite: laboratori di riflessione interreligiosa gestititi dall’Istituto teologico (pg.1- punto 3); memoriali e commemorazioni (pg.2-p.4 e 5); “ …mostre d’arte, concerti musicali, rappresentazioni teatrali, proiezioni cinematografiche… coerenti con l’identità di Assisi” (pg. 3–p.4); “ ..  una cineteca riguardante la produzione filmica e documentaria di natura francescana” (pg.4 – p.9); apertura di nuovi santuari oltre quelli già esistenti (vedi Santuario della Spogliazione) e di eventi che attirino turisti, in fin dei conti non ve ne è bisogno perché: “ .. Francesco e Chiara …Sono essi i “grandi eventi” da celebrare e valorizzare. Proposte stridenti anche indirettamente con lo spirito francescano è facile che siano destinate a fallire” (pg. 5). Si veda anche don V. Peri: “.. . Dovremmo tuttavia sempre ricordare che i grandi eventi li abbiamo già: sono le straordinarie figure di Francesco e di Chiara “ e comunque se proprio si devono fare  “ … purché non sviliscano l’intangibile volto della Città…”   (Assisinews, 15 dic. 2016) Fa da premessa a questo, quanto già esistente ed ispirato ai valori religiosi: manifestazioni popolari (processioni, riti e festività tradizionali), istituzioni musicali (pg. 2),  accademiche e scientifiche (unica eccezione il corso di Laurea in Economia del Turismo) “ …. l’ Istituto teologico e l’Istituto superiore di scienze religiose .. la Società internazionale di studi francescani ..” .  (pg. 2)
  1. La comunità umana di riferimento per le attività da intraprendere è tutto sommato la folla dei pellegrini e dei turisti ai quali va garantita e migliorata l’offerta secondo il brand religioso descritto ed a cui è sostanzialmente rivolto tutto quanto riepilogato nel precedente punto 4: incoming religioso, anche se non commerciale. Questo filo rosso è deducibile anche dal fatto che l’orizzonte urbano di riferimento è il centro storico, non essendovi menzione delle frazioni. Si formula per il centro storico, una serie di proposte per incentivare il reinsediamento e la vivibilità (pg 5 e 6 Turismo) ed ai residenti in centro o in periferia è rivolta comunque una dettagliata precettistica. E’ raccomandato di sentire “ … il“privilegio” di essere assisani, come anche “la responsabilità di vivere in questo territorio di grazia” e “ il sommo rispetto verso i menzionati valori spirituali”(pg.1-p.1-2), la continuità della tradizione cittadina perpetrando le manifestazioni religiose e civili (pg.2), la dedizione alle attività di solidarietà già esistenti (pg.3), e il “… rigoroso rispetto delle persone, dei luoghi e del decoro..” (pg.4-p.7). I contributi economici richiesti andranno negati a tutto ciò che non abbia “… alto profilo culturale e morale …” (pg.3 – p.6). 
  1. L’orizzonte culturale temporale extra religioso, ha al proprio centro il medioevo, in coerenza con l’identità francescana della città, con marginali concessioni alla romanità, sì che negli spazi pubblici ancora disponibili, come la Rocca Maggiore, “ possa esservi virtualmente ripresentata, attraverso video digitalizzati, la vita dell’Assisi romana e medievale.” (pg.4 – p.10)

Confesso a questo punto l’imbarazzo nell’esercitare una qualsivoglia riformulazione del quadro culturale basato su una ricomposizione di elementi diversi da quelli citati.

La proposta così formulata, totalmente costruita sulla figura di Francesco e sullo spirito francescano che permea di sé ogni ambito pubblico, è posta in modo tale che la sola idea di ulteriori elementi da implementare nella sfera rappresentata, cambiando necessariamente gli equilibri e le composizioni delle parti, suonerebbe fatalmente come una riduzione e relativizzazione di quella figura.

Una qualsiasi aggiunta, lasciando anche inalterato quanto proposto, ma solo aggiungendo appunto altro di diversa natura, diminuirebbe il tema Francesco, coincidente nella formulazione presentata dal gruppo di lavoro, con la totalità dell’Assisi auspicata.

In sostanza la proposta è così totalizzante, coesa al suo interno, minuziosamente sviluppata e posata sul granitico fondamento del messaggio francescano, universalmente ed innegabilmente riconosciuto, che chi cerca di comprenderla in un ambito più vasto, viene artatamente posto nella condizione di sembrare di voler mettere in ombra proprio quel basamento: lesa maestà.

Ma come già anticipato in premessa la comprensione dell’altrui discorso, nella sua dimensione analitica e dialogica, dovrà pur prevedere e poggiarsi anche su dati di fatto riconosciuti da entrambe le parti.

Gli articoli precedenti sono pubblicati in www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”

Prossimo articolo: Genius loci, genius temporis e il turista convertito

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4 – Genius loci, genius temporis e il turista convertito

Assisinews 16/01/18

Paolo Ansideri: “Non è vero che ogni turista è o diviene un pellegrino”

Nota preliminare: il testo di riferimento “Assisi nel terzo millennio” è consultabile in www.oicosrflessioni.it 

Si può onestamente affermare che un luogo sia abitato da un genio che ne determina il profilo, l’identità culturale-spirituale come riteneva la religione romana o addirittura di discendenza teologica? Oppure quello spirito identitario  che sembra emanare da quel luogo, altro non è che l’interpretazione che viene data da una cultura umana che lo abita in un determinato periodo storico?

Quale genius loci abitava da queste parti all’epoca di Properzio? Ed era lo stesso che c’era prima del 1181 anno di nascita di Francesco? E prima di Fortini? E dopo Fortini? Ed all’epoca di Dante e di Goethe i geni erano gli stessi? Prima e dopo l’incontro interreligioso del 1986?

Più che di genius loci si dovrà parlare di valori culturali ed ambientali, materiali ed immateriali, da preservare rispondendo noi sì al nostro genius temporis, cultura del nostro tempo, che dichiara  come valore l’ambiente culturale e naturale, e non come accadde al Colosseo passato da anfiteatro a cava di pietra. Ma questa preservazione, liberata dall’aura sacrale (sia in senso pagano che teologico) di cui la si vorrebbe avvolta, e dalla quale emanerebbe una sorta di condizionamento spirituale che determina il destino delle cose umane e di quelle naturali, non esclude che il nostro tempo, la cultura di oggi, possa produrvi altro di altra natura e che questo altro sia, come chi lo ha preceduto, una nuova caratterizzazione della mutante identità culturale locale.

Non credo ad un genius loci in grado di dire qualcosa su interruzione della gravidanza o su famiglia naturale.

La fede e il turista convertito

L’affermazione che “ ogni turista è, o diviene, un pellegrino”, laddove i pellegrinaggi vengono  definiti come “motivati da consapevoli scelte di fede”  (pg.5), sembra non essere confortata da riscontri reali. Confesso che per mia lacuna, non ho riscontri diretti, documenti e rilievi locali da cui si possa sostenere la tesi proposta o il suo opposto.

Rilevo che gli unici dati oggettivi di cui dispongo si riferiscono ai dati Istat a livello nazionale.

Da “Report Istat viaggi e vacanze in Italia e all’estero 2015”, pg. 11 – 10 febbraio 2016

Nel 2015, il 68% delle vacanze (stabile rispetto al 2014) è effettuato per trascorrere un periodo di piacere o svago. … (Figura 3).Le visite a parenti e amici, anch’esse sostanzialmente stabili rispetto al 2014, rappresentano quasi il 30% dei viaggi, …. Sempre molto contenute, invece, le quote dei viaggi per trattamenti di salute o cure termali e quelle per motivi religiosi (entrambe al di sotto del 2%). (motivi religiosi 1,3%  da figura 3, ndr)”. “ … in particolare, la visita a una o più città d’arte, ..  riguarda il 28,3% delle vacanze di piacere/svago.. . “ (pg. 12)

Quindi sulla totalità di 100 viaggi, il 68% è di vacanza di cui il 28,3% verso città d’arte, cioè il 19,2 % del totale.

Quanto sopra per viaggi turistici, che comprendono cioè almeno una notte di pernottamento. Per il 2016, stante il report redatto il 31 marzo 2017, il dato sul turismo religioso non è rilevato.

Per le escursioni, cioè visite senza pernottamento, questo documenta l’Istat

Da “Report Istat Anno 2016 viaggi e vacanze in Italia e all’estero, 2016” pg. 14 – 31 marzo 2017, rielaborazione P. Ansideri

Prospetto 25. escursioni per motivo prevalente. Anno 2016

Motivo dell’escursione – percentuale

Piacere, svago, vacanza – 63,3%

Visita a parenti e/o amici – 18,0%

Shopping – 5,3%

Formazione/Cultura – 3,7%

Motivi religiosi, pellegrinaggio – 3,4% (era 3,1% nel 2015)

Motivi di lavoro – 1,7%

Altro motivo (a) – 4,6%

TOTALE 100,0 %

(a) Include: visite mediche, cure termali e trattamenti di salute con e senza prescrizione medica, accompagnare un familiare/parente/amico, altro.

A livello nazionale emerge quindi che la motivazione di fede rappresenta solo una parte minimale dei viaggi turistici e delle escursioni. Volendo dedurre dai dati 2015 il rapporto tra turisti Italia con meta città storiche per motivazioni culturali aconfessionali e quelli con motivazioni religiose, il rapporto è di circa di 1 a 19: ogni 20 persone che visitano luoghi d’arte e religione 19 lo fanno per l’arte e 1 per fede, il 5% del totale. Essendo vero quindi che Assisi è meta d’arte e religione ed ammesso che la parte religiosa abbia un rilievo importante, è senz’altro azzardato affermare che la totalità dei presenti sia alla fine animato dai motivi religiosi. Il campo dei rilievi sul turismo religioso, è di per sé molto controverso in quanto non legato a rilievi numerici misurabili (come lo sono le presenze alberghiere), ma ad altri parametri in cui difficilmente viene esperita la volontà del singolo sulla decisione di viaggio. Né d’altra parte può essere usato come criterio di rilievo oggettivo e generale la semplice percezione personale o di gruppo, il proprio orizzonte cognitivo individuale eletto a verità inconfutabile. Troppi danni hanno fatto e stanno facendo stratificati luoghi comuni e convinzioni intime basate su nessun riscontro allargato. Non è questo il luogo, ma esistono al riguardo vistose incongruenze tra i dati rilevati dal Wto (World Tourism Organization) ed enti statistici e associazioni di categoria locali.

Il buon senso insieme alla più volte stimata e studiata diminuzione della fede religiosa, dovrebbero suggerire una più cauta interpretazione del fenomeno del turismo verso la meta d’arte e religione che è Assisi. La mancanza di questa cautela nell’affermazione esposta, lascia purtroppo intravedere come una volontà egemonica di assimilazione del flusso turistico  alle proprie convinzioni personali, alterando la lettura di un fenomeno che sembra invece dover essere interpretato in tutt’altro modo.

Gli articoli precedenti sono pubblicati in www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”

Prossimo articolo: Perché la pace e non la guerra? Libera scelta o precettistica?

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5 – Perché la pace e non la guerra? Libera scelta o precettistica?

Assisinews 19/01/18

Paolo Ansideri: “La pace non può essere un precetto, ma il frutto di una libera scelta”

Nota preliminare: il testo di riferimento “Assisi nel terzo millennio” è consultabile in www.oicosrflessioni.it 

Mi permetto, in questo articolo, di entrare in questioni inevitabilmente più radicali, sperando di non urtare la suscettibilità altrui, ma penso che alla fine non possa non manifestarsi quella concezione di fondo che divide un non credente come il sottoscritto, dai credenti che hanno redatto il documento o per lo meno da quanto da questo trapela.

L’evocazione di temi potenti ed epocali come la pace, l’ambiente, l’amore del prossimo, la solidarietà, ecc.. esigono, per come vengono presentati alla mentalità corrente, quasi una scontata ed immediata adesione senza obiezioni di fondo. Chi osa essere per la guerra? Il pensiero corrente largamente condiviso, costruisce intorno a sé icone incontrastate che tutti noi non osiamo ledere. Tutti siamo per la solidarietà, per la pace…

Ma la pace è precetto o scelta?

Scorre nel documento una concezione di fondo che considera la comunità civile, in fin dei conti, come comunità di fedeli cui rammemorare i principi ed i fini che ispirano la propria confessione nello stesso rapporto di adesione indiscussa a precetti, moniti, quando non a dogmi, cui i fedeli, proprio perché fedeli, sono tenuti a conformare il proprio agire ed intimo sentire, in quanto appunto tutti si appartiene alla madre chiesa che li indica dall’alto della sua autorità di fede, morale e dottrinale.

Non a caso il vescovo Sorrentino, nella lettera pastorale con cui ha istituito il Santuario della Spogliazione, parla di “santuario a cielo aperto” e come ogni chiesa del passato parlava al suo popolo per immagini e simboli, così l’odierna città-santuario dovrà essere simbolica testimonianza di quei valori.

Così come Giotto ha narrato Francesco ed il suo messaggio dagli spazi architettonici e dalle  superfici parietali della Basilica, così gli spazi urbani e pubblici e quelli temporali, dovranno narrare, aggiornare e scandire quel messaggio: nuovi santuari, memoriali, commemorazioni, ricorrenze, riti  e quant’altro riassunto nel precedente punto 4.

Due qui i punti dirimenti che segnano fatalmente la divergenza sul piano politico-strategico per la città che vogliamo:

  • da un lato la concezione degli individui che compongono la comunità stanziale e quella di passaggio
  • e dall’altro l’assetto dell’ ambiente culturale generato dalle attività proposte.

La concezione degli individui

Fondamentalmente, come sopra dicevo, il cittadino è immaginato come un fedele, lo si deve “ammaestrare” alla bontà, alla carità ed alla solidarietà tramite la riduzione degli spazi culturali e sociali a spazi simbolico-didascalici, in cui viene  ripetutamente e quasi propagandisticamente rappresentato il “Messaggio”. L’individuo è inteso come destinatario di tale “Messaggio”, recependo il quale non potrà che riconoscere i “Valori” e conseguire il “Bene”. Ciò che si sottintende, preconizzando un tale apparato simbolico pubblico dominato dall’univoca immagine del Bene, è che alla coscienza individuale, affinché il fine possa essere raggiunto, debba essere occultato qualsiasi argomento fuorviante, qualsiasi tematica, o atmosfera “.. stridente .. ” con l’ “Identità”, perché alla coscienza di fatto non è riconosciuta la facoltà della scelta, della libera scelta tra opzioni contrarie o solo differenti, per le quali non ci si vuole assumere il rischio della presenza e conoscenza. La coscienza è un ricettore e non un interlocutore.

Confermando anche qui quanto precedentemente esposto intorno all’imbarazzo che viene suscitato in chi, proponendo altro, sembrerebbe incrinare questa visione intangibile ed unidimensionale in sé coesa e coerente.

L’assetto dell’ambiente culturale

Ritengo l’ambiente culturale delle comunità locali, uno dei maggiori fattori formativi e cognitivi delle persone, dei residenti, in quanto ne occupa i pensieri ed il tempo,

Determinante al punto che l’assimilazione degli elementi caratteristici di tali contesti condiziona oltre che la crescita e lo sviluppo individuale in senso generico, anche veri e propri filoni culturali e professionali caratteristici del luogo. Famiglia, scuola, oggi i media e la comunità sociale ci formano e se i primi sono demandati a decisori non immediatamente riconducibili ad un ambito direttamente controllabile dalla cittadinanza, l’ultima è assolutamente influenzabile e governata dalla volontà politica che ha l’obbligo di considerare se stessa come il primo fattore di conservazione o mutazione.

Se dunque l’ambiente sociale incide sulla formazione individuale e può o no contribuire all’incremento di conoscenza in senso lato, va da sé quanto determinante sia plasmarne le linee che ne configurano l’assetto o a questo rinunciare. Ma la rinuncia da parte del governo cittadino non significa che la forma ambientale culturale non abbia una sua configurazione, comunque attori e soggetti naturalmente la determinano immettendo sulla scena della visibilità pubblica, valori e comportamenti di riferimento: le forme del lavoro, le ritualità religiose, le forme della socialità e della modalità aggregative, le pulsioni ludiche e quelle culturali in senso stretto. Comunque condizioniamo lo spazio che abitiamo in quanto esseri sociali.

Quale ambiente culturale è quindi auspicabile per favorire lo sviluppo “culturale”  dell’individuo e delle relazioni conoscitive ed interpersonali?

Abbiamo visto che quello prospettato, e come dichiarato nel sottotitolo del documento, è fortemente connotato dalla fedeltà al suo passato. L’ho definito unilaterale e monotematico in quanto pervaso dalla’aura dello spirito totalizzante da cui si ritiene dominato. Ma questo assetto favorisce la crescita individuale? Offre occasioni e condizioni favorevoli a quella crescita che ritengo assolutamente slegata dall’età anagrafica? Ma questa crescita, sviluppo, in cosa consiste esattamente? In quale direzione dovrebbe tendere? Rimarcare in ognuno l’adesione ai valori e principi di cui si è fin qui parlato? rafforzare lo spirito di identità cittadino?  O altro?

Proviamo allora a vedere se paradossalmente seguendo proprio il filo suggerito della fedeltà al passato, cercando proprio nel messaggio francescano, nello spirito di Assisi, troviamo tracce di quell’altro.

Non sta a me essere interprete del messaggio francescano, né vorrei forzare l’interpretazione di questo nella direzione di argomentazioni e posizioni che sostengo, ma di nuovo sembra che l’evocato Spirito di Assisi, sia da intendere  come una sorta di afflato universale, una sorta di brezza o nebbia che tutto avvolge lasciando le cose indistinte in una specie di elevazione mistica del creato e degli uomini che annulla conflitti e differenze.

Due sono invece gli episodi della vita di Francesco che permettono di orientarsi  per un’altra via:

gli incontri con il sultano d’Egitto e con il lupo di Gubbio. Entrambi gli episodi mettono in evidenza un iniziale punto di partenza che consiste nell’assoluta differenza, dei protagonisti, la totale alterità culturale e religiosa da un lato e dall’altro addirittura di specie.

Quel tratto di differenze ha motivato un dialogo che solo tramite la conoscenza è stato reso possibile.

Quale lingua parlava Francesco con il sultano? L’arabo, il volgare italiano o il provenzale? Se non lui, qualcuno per lui avrà pur dovuto conoscere la lingua dell’altro, unico accesso all’altrui cultura. Cioè tramite la conoscenza della differenza si è reso possibile un dialogo che pur lasciando gli interlocutori assolutamente altri, li ha tolti dalla dimensione dell’inimicizia. Ma non c’è bisogno di ricorrere a Francesco, per avvalersi dell’autorevolezza della fonte: da sempre la scienza apprezza la differenza per poterla conoscere.

La conoscenza è bene comune ed ha una dimensione “etico-morale” perché la consapevolezza  della possibilità dell’esistenza del totalmente altro, relativizza la propria posizione, la propria sfera socio-culturale, rendendola cosciente della sua appartenenza ad un contesto di visioni e concezioni molto più vaste, di cui prende coscienza di essere una parte. E questa cognizione del relativo può contribuire al riconoscimento dell’altro come legittima parte del tutto.

La conoscenza della differenza fattore di confronto o se si preferisce via di pace. Pace frutto di un razionale conseguimento anziché di fideistica adesione, cioè scelta per via di conoscenza dove l’altro  viene conservato e preservato in questa sua alterità.

E’ su questo stesso itinerario che nel 1986 Giovanni Paolo II, sul palco della Piazza Inferiore di San Francesco, ha lasciato che le altre religioni si manifestassero nella loro differenza, indicando questa come valore e la conoscenza (senza nulla togliere alla fede) come via. Portandolo più tardi ad inserire i propri biglietti di preghiera nelle fessure del muro del pianto di Gerusalemme e poi ad entrare nella moschea degli Ommayadi a Damasco.

Su questo stesso punto di svolta Benedetto XVI ha varato l’iniziativa del Cortile dei Gentili, luogo di dialogo tra credenti e non credenti, che ad Assisi è diventato il Cortile di Francesco.

Ed è da queste citazioni storiche che si può più facilmente arrivare alla delineazione di una politica culturale propria di Assisi.

Quei fatti storici, soprattutto l’incontro interreligioso del 1986, hanno posto Assisi all’interno di una  visibilità internazionale che prima non aveva, visibilità nella percezione ed aspettativa generica e comune, di incontro tra diversi.

Ci troviamo oggi quindi a dover formulare una politica culturale pensando ad Assisi con una doppia dimensione:

  • Assisi locale, agglomerato di comunità spesso tra loro non legate dal senso di comune appartenenza
  • Assisi, città con valenza simbolica ed aspettative internazionali

Gli articoli precedenti sono pubblicati in www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”

Prossimo articolo: I miei valori di riferimento, i principi non negoziabili, le linee guida

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Corriere dell’Umbria 11/02/18, sintesi degli ultimi 6 articoli

Convivenza possibile tra residenti e turisti. Servono politiche sociali sempre più mirate, a cura di Flavia Pagliochini

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6 – Assisi nel tempo presente. I miei valori di riferimento, i principi non negoziabili, le linee guida

 
Assisinews 23/01/18

Paolo Ansideri: “I valori di riferimento per una politica culturale”

Nota preliminare: il testo di riferimento “Assisi nel terzo millennio” è consultabile in www.oicosrflessioni.it
Foto – sinistra: Venezia, Arsenale, Biennale arte 2017; destra: Assisi, Mojano, Parcheggio

  • Conoscenza e differenza sono i valori fondanti cui deve riferirsi una politica per la cultura.
  • La politica culturale praticata da una pubblica amministrazione ha come scopo la creazione di un ambiente e condizioni favorevoli per lo sviluppo conoscitivo individuale ed interpersonale dei cittadini, che ha come conseguenza il rafforzamento della capacità di libera scelta e di giudizio.
  • Queste condizioni non possono che attuarsi nel consentire e perseguire la molteplicità e complessità culturale (per culturale si intende qualsiasi ambito dell’attività umana, dal lavorativo al ludico, dal religioso al culturale in senso stretto).
  • La molteplicità culturale si manifesta nell’ambiente in qualsiasi forma, sia essa materiale che immateriale, sia essa architettonica o di aggregazione sociale, di rappresentazione o rituale …
  • La limitatezza di risorse finanziarie e di spazi pubblici, costringe ad una scelta: poche cose possono essere scelte e molte non devono essere scelte
  • Scegliere significa esercitare l’azione di governo da parte del potere politico. Riplasmare l’ambiente culturale significa fatalmente riponderare le proporzioni tra gli elementi eterogenei che compongono l’ambiente e correggerne l’inclinazione. Qualsiasi intervento del potere pubblico o muta l’assetto dell’esistente o lascia che siano altri a determinarlo in caso di astensione dall’intervento. E saranno consuetudine ed abitudine a determinarlo o plasmatori più o meno inconsci anche se animati da ottime intenzioni e realizzatori di opere meritorie. Così ad esempio, l’occupazione degli spazi pubblici fisici, mediatici, di intrattenimento o di incontro collettivo di qualsiasi natura (ludica, culturale, sportiva o svago) hanno di per sé una valenza simbolica e pedagogica. Ricevono, per il semplice fatto di essere pubblici, la valenza di importanza valoriale, quindi anche di indicazione di contenuto positivo, emblematico-emulativo. Posti all’opinione pubblica come punto di riferimento. In Piazza del Comune, l’unico spazio pubblico ancora senza destinazione, è la Sala del Capitano del Popolo, la decisione di come riempire quel vuoto, contribuirà nel suo piccolo, comunque all’inserimento di un altro tassello nella composizione della dimensione culturale collettiva. Riceverà direttamente un’investitura di significato e valore ostentato alla visione della comunità: memoriale della Giornata mondiale di preghiera per la pace, sala di lettura, esposizione di costumi medievali, sala espositiva d’arte contemporanea, . .. o Kinderheim multietnica?
  • Ma riplasmare non significa conformare, regolare, controllare. Il governo della politica culturale se da un lato ha il dovere di esercitare il potere che gli compete, cioè essere uno dei determinatori attivi dell’ambiente culturale, dall’altro deve interpretare quel potere non come egemonia, ma come agevolazione di altri soggetti o attività. L’eccessiva saturazione di un’unica istanza culturale, finirebbe per ridurre le differenze esistenti o quelle possibili. La differenza di ambiti, inclinazioni, passioni e interessi è pur sempre un magma spontaneo e positivo la cui fuoriuscita va favorita, anche se il suo flusso deve comunque essere governato.  Perché appunto le differenze sono di per sé un valore culturale che va ricercato. 
  • Il presente non è clonazione del passato e come chi ha vissuto le epoche passate, noi oggi in quanto appartenenti all’era che viviamo, dobbiamo rendere testimonianza del nostro tempo. L’obbligo storico è esprimere il nostro presente nella sua alterità dal passato e lasciare che questa differenza si manifesti: il quid che non c’era e che oggi c’è

Ritornando alla metafora su pace e guerra, dico quindi che la scelta tra le due, non deve essere frutto di una raccomandazione, di un precetto morale, o di un’esortazione, ma deve essere la libera, consapevole e razionale decisione su due opzioni in campo ed in questo senso non è con memoriali, esortazioni, commemorazioni, intitolazione di strade, o erigendo monumenti, stilando calendari di ricorrenze che si incrementa la volontà di pace. Ma semplicemente aumentando la coscienza, la consapevolezza e la cultura di ogni singolo individuo che sceglierà di giorno in giorno l’oggetto del contendere, la cosa da fare ascoltando solo e semplicemente il proprio livello di coscienza e cultura acquisita anche da un ambiente che favorisce la cognizione personale. Senza nessuna autorità esterna che occludendo l’angolo visuale, restringendo il campo visivo ad un’ unica immagine esortativa, non consente il rischio della visione avversa, dell’opzione conflittuale.

Si pensa invece che la costruzione artificiosa di un ambiente irreale,  plasmato  propagandisticamente sulla generica immagine di pace, induca di per sé ed indichi la via, ma in realtà la monocorde ritmazione del tema, finisce con lo svuotare di contenuti qualsiasi seppur alto e nobile dei valori, che appariranno invece come stantii e ripetitivi riti.

Tra Giotto e Jeeg Robot

Stante questo, è del tutto evidente la profonda differenza tra quanto prospettato nel documento “Assisi nel terzo millennio” e quanto sopra esposto. Nel primo si preconizza una sostanziale univocità dell’istanza culturale, su cui abbondantemente argomentato, mentre prendendo a propria guida questi diversi assunti valoriali, il bambino che qui cresce non troverà solo icone della fede, ma anche le gesta di Jeeg Robot, e poi potrà appassionarsi non solo agli affreschi del Sermei, ma anche alle follie di Damien Hirst, potrà assistere a concerti hard rock, o ascoltare splendidi cori gregoriani, partecipare alle messe domenicali o alle preghiere del venerdì in moschea e nel momento della nascita di rapporti sentimentali, decidere come costituire il proprio nucleo familiare solo seguendo la propria inclinazione.

Perché la città non è un santuario votato alla celebrazione del passato, ma una straordinaria e pulsante comunità vivente satura di differenze, divergenze, contraddizioni ed anche conflitti, ma che respira l’aria del mondo e del tempo che l’avvolge.

L’autonomia della cultura dalla religione, significa quindi avere ben presente la non assoggettabilità di una politica culturale ad una sola componente dell’orizzonte culturale, quella religiosa. Si dovrà invece tentare di dilatare lo spettro delle differenze, tenuta presente la limitatezza dello spazio a disposizione di quell’orizzonte (spazi fisici, risorse economiche e umane, date di calendario) 

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7 – Autonomia di Cultura da Turismo

 
Assisinews 26/01/18

Paolo Ansideri in dissenso da Guarducci: “Non esistono assessorati tecnici, solo la politica ha un ruolo guida”

La natura turistica della città (sia religiosa, che culturale) porta con sé un altro fattore di pressione e tensione sulle scelte di politica culturale e turistica, oltre a quanto citato negli articoli precedenti.

La forza e l’importanza economica del settore turistico (tutta da valutare in realtà nel suo reale apporto al PIL cittadino), la schiacciante e preponderante immagine ultracittadina e mediatica su quella locale,

sia come meta d’arte, sia come meta di fede, ingenerano la propensione alla formulazione di politiche e prese di posizione in cui l’ambito culturale viene completamente finalizzato alle esigenze dell’incoming religioso o turistico: la città dovrà approntare attività ed iniziative tese all’incremento degli arrivi e delle visite in città o in conformità all’immagine esistente, o con nuovi attrattori, ma comunque gli sforzi e le risorse in quella direzione dovranno essere impiegate. Tutto dovrà essere volto alla diminuzione del numero dei posti vuoti o nei letti d’albergo o nelle panche delle chiese. Cioè

pur riconoscendo, per l’ambito commerciale, la comprensibile motivazione dello sforzo, ma vedremo le conseguenze di questa intenzione, si dovrà convenire che tutte le iniziative intraprese, per loro natura, hanno la loro  legittimazione nel raggiungimento dell’obiettivo, cioè l’incremento numerico degli arrivi e che quindi l’interlocutore cui ci si rivolge nell’approntare il “prodotto” altro non è se non l’utenza in arrivo, turista o pellegrino che sia.

Quindi lo sforzo delle strategie operative è indirizzato ed ha come destinatario la comunità in transito dei turisti e dei pellegrini. La città dovrà essere allestita a questa finalità e le attività dovranno essere volte o a perpetrare ed amplificare l’immagine corrente per rafforzare il brand esistente (religioso e culturale) o a creare altre opportunità attrattive per altri brand: il fine è l’incoming ed il mezzo il patrimonio monumentale, paesaggistico, di fede o di nuova natura. Cultura per il turismo.

Non entro per ora nel giudizio di come si rapportano o si possano rapportare tra loro questi elementi, ma mi limito a constatare come gli apparati prospettati, avendo appunto come fine il turismo, tendano a lasciare l’esigenza culturale dei residenti in secondo piano rispetto a quella degli ospitati, riconoscendo ovviamente a tutti la volontà del beneficio economico collettivo. Così seguendo questa linea di pensiero, si ritiene che Assisi altro non sia che una location su cui poggiare 365 eventi l’anno, intercettando ogni possibile brand, per dar vita al Gran Park Assisi, al cui interno il compratore possa scegliere i suoi “pacchetti di prodotto” disposti sapientemente sugli scaffali secondo un oculato merchandising.

Se quindi da un lato nel documento proposto dal vicariato va sottolineato (come a precedenti punti 4 e 5) come il gruppo diocesano abbia come riferimento preponderante per le attività da intraprendere la folla dei pellegrini, dall’altro e parallelamente, c’è altresì da rilevare come l’amministrazione in carica tenda altrettanto a considerare la folla dei visitatori come destinatari delle proprie politiche e quindi il comparto turisitico-alberghiero come proprio interlocutore diretto e privilegiato.

Già nelle prime assemblee pubbliche l’assessore Guarducci auspicava la costituzione di una lobby degli operatori del settore turistico capace di influenzare le politiche del turismo e della cultura della città di Assisi ed anche recentemente, in un post su Fb, in risposta al post del consigliere Leggio affermava che: “ .. Risorse ed organico tragicamente insufficienti per governare cultura e turismo di questa  Città. E questa colpa invece è ascrivibile non solo alle amministrazioni passate ma ad un sistema città fatto anche da imprenditori del comparto turistico ricettivo che non hanno fatto sistema facendo mancare il fiato sul collo su chi amministrava. Che hanno fatto fallire sistemi di aggregazione (Consorzio) che avrebbero dovuto assumere un ruolo guida/indirizzo e controllo nelle politiche turistiche e culturali della Città” (Da Facebook, Sei di Assisi se, risposta a post Fabrizio Leggio,15 marzo 2017). Le politiche culturali e del turismo, quindi, controllate da un gruppo di imprenditori.

La stessa qualifica di ruolo tecnico e non politico, più volte attribuita alle deleghe su turismo e cultura, sia da parte del sindaco che dell’assessore, denotano la palese visione di una comunità avulsa dai bisogni quotidiani della propria struttura socio-culturale ed in cui i valori assoluti, seppur non dichiarati, sono quelli dell’incoming su cui vanno concentrate tutte le risorse a disposizione dell’assessore, “tecnico  incrementatore di flussi turistici”, coerentemente all’idea di una città come location per masse in movimento e non luogo residenziale (Documento Unico di Programmazione pg. 62 – B. turismo, cultura, valorizzazione dei contenitori culturali. Il respiro internazionale di Assisi, citta’ della pace)

La pretesa di ruoli tecnici in cariche pubbliche, è palesemente autocontraddittoria. Una visione e dei valori guidano comunque l’azione che “tecnicamente” applica al contesto sociale quei principi guida, scegliendo qualcosa e scartando altro non rispondente a quelle intenzioni, cioè applicando una “politica”: non esistono cariche pubbliche tecniche, ma solo ed esclusivamente politiche, anche all’insaputa e nonostante le affermazioni in senso contrario di chi le ricopre.

La stessa proclamata volontà di eliminazione di contributi sotto una soglia minima, contribuisce a delineare un pensiero, non espresso, ma palese nelle scelte perpetrate, che crede che la complessità per essere amministrata, debba essere semplificata e ridotta a materia facilmente operabile, ridotta ad elementi minimi di manipolazione, espungendo il non rilevante.  Denota la scarsa propensione a farsi carico della molteplicità socio-culturale che pure può costituirsi in forme apparentemente minimali e trascurabili: quale valenza culturale può avere un bar in cui alcuni pensionati si incontrano per il gioco delle carte?

L’ambiente culturale urbano e le forme di aggregazione seppur minimale pretendono una più attenta cura e tempo di analisi, che sicuramente un colpo orizzontale e decisionista di maglio risolve in pochi attimi. In fin dei conti la vita culturale di un contesto urbano è più facilmente governabile se sintetizzata in otto eventi nel corso dell’anno, piuttosto che nell’incessante lavorio di sostegno e decostruzione del magmatico e caotico flusso sociale che si sottrae all’omologazione per affermare una propria incoercibile individualità.

Ribadisco qui un altro principio che ritengo non negoziabile

  • La politica in generale o culturale come in questo caso, non può essere ispirata e tantomeno demandata, né a lobby imprenditoriali, né ad enti ecclesiastici, ma deve rimanere saldamente nelle mani della politica in senso stretto, cioè nell’esercizio del potere della città da parte della cittadinanza, che perseguirà interessi generali collettivi e non particolari, siano essi di ambito economico, siano essi di ambito socio-culturale. Questo non significa che, come da più parti reclamato, gli interessi particolari non debbano emergere od essere legittimamente espressi e rappresentati anche da istituzioni di categoria o religiose, che sono banalmente istituzioni, enti, gruppi di cittadini come qualsiasi altro.

Non voglio sostenere che nell’intero documento del vicariato le azioni suggerite siano esclusivamente verso l’incoming religioso, ma le raccomandazioni e prescrizioni rivolte alla comunità residente,  le attività “indoor”, sono comunque marginali e tutte volte alla conservazione dell’icona classica di Assisi che i fedeli si aspettano. Si percepisce in sostanza, un’intenzione preponderante verso la consolidata immagine ultracittadina (che è diverso da internazionale).Il gruppo diocesano con quanto consiglia e l’amministrazione per gli investimenti e le azioni effettuate, prospettano e lasciano intravvedere l’idea di una politica culturale, che tende ad incrementare i poli attrattivi interni, rafforzare quelli esistenti, per catalizzare l’attenzione della moltitudine esterna, per motivarne un flusso dinamico dall’esterno verso l’interno. Una sostanziale univocità di intenti.

Città che si deve periodicamente svuotare e riempire di turisti e fedeli ed in cui la cittadinanza permanente è tutto sommato, un po’ sullo sfondo, una questione relativa e su cui le energie non vanno impegnate più di tanto se non nel mantenimento di quello che c’è.

Come le camere d’albergo e le chiese periodicamente si riempiono e si svuotano, si occupano e si lasciano, così è la città nel suo complesso.

Un enorme palcoscenico proteso verso una platea cui offrire spettacoli di arti e di fede.

Se la politica culturale ha come scopo la creazione di un ambiente e condizioni favorevoli per lo sviluppo conoscitivo individuale ed interpersonale dei cittadini, questa tensione non è dato percepirla.

Non si avverte la cogenza del problema dello spopolamento del centro storico e le misure indicate (parcheggi, incentivi economici ecc.) sembrano citate solo per dovere di elencazione di argomenti classici della “Questione Assisi”.

L’icona ricercata dal visitatore, non coincide con la forma richiesta dal residente.

Mentre l’una è un’icona statica, un’immagine ferma che in quanto “prodotto” deve avere una connotazione ben specifica, l’assetto dell’ambiente composto dai residenti è assolutamente dinamico. In conformità alla mutazione costante del tempo quotidiano, che asseconda assolutamente il flusso del tempo corrente. L’onda culturale in cui viviamo con tutte le sue contraddizioni e fermenti, il suo tumultuoso accavallarsi di fenomeni e fratture. Quindi assecondare l’immagine richiesta dal visitatore è in qualche modo in contrasto con la necessità ed il bisogno del residente, che è un residente che non visita, ma vive la città.

Si ha in sostanza l’impressione, che non sia preso ad oggetto delle argomentazioni il problema se l’attuale assetto dell’ambiente cittadino (inteso come territorio comunale) risponda ai bisogni latenti della cittadinanza, se l’ambiente offerto sia rispondente a quanto il nostro tempo propone, se il diritto all’accrescimento delle opportunità individuali possa essere sviluppato ed in che modo. Se possa essere esperita una nuova via per pensare un reinsediamneto nel centro storico, fuori dai luoghi comuni e lontano dai peana degli improbabili, miracolistici incentivi economici. Ammesso che una via esista.

L’autonomia della cultura dalle attività di incoming (sia turistico che religioso) significa quindi avere ben presente la non assoggettabilità della politica, volta al miglioramento dell’ambiente culturale cittadino, alle esigenze commerciali tout court o di pellegrinaggio e quindi da questo punto di vista se mai: Turismo per la Cultura

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8 – A chi appartiene il Turismo?

Turismo spa, azienda a maggioranza pubblica

 
Assisinews 30/01/18

Paolo Ansideri: “Turismo spa, azienda a maggioranza pubblica”

Premesso che la nostra indagine riguarda l’ambito del turismo culturale, va riconosciuta l’anomalia di questo settore  rispetto a qualsiasi altro settore economico.

“Turismo spa” è un’azienda la cui maggioranza azionaria è detenuta dal pubblico.

Il pubblico possiede il prodotto standard e lo mantiene (i beni paesaggistici e culturali), il pubblico produce nuove linee di prodotto e le lancia sul mercato (beni architettonico-ambientali, eventi, manifestazioni ecc.), il pubblico comunica e pubblicizza i suoi prodotti.

Pubblico è tutto ciò che il privato non autoproduce, sia esso frutto di investimento istituzionale, ecclesiastico o di fondazione bancaria.

Sulla capacità di valorizzazione e manutenzione dei prodotti pubblici, vive il comparto turistico a differenza di altri dove il prodotto e la sua commercializzazione sono totalmente dipendenti dal capitale privato investito.

Scelte e strategie sono in ultima analisi stretta competenza dell’autonomia della politica che governa la pubblica amministrazione.

Già queste considerazioni rendono evidente che chi detiene la maggioranza azionaria ha l’onere della rendicontazione alla compagine sociale che è azionariato diffuso, cioè la totalità della popolazione alla quale deve distribuire dividendi.

Ma mentre per i diretti interessati dell’azionariato di minoranza (imprese ed operatori del comparto)  i dividendi sono raccolti monetariamente a fine anno sotto forma di utile aziendale, (e se si vuole anche di occupazione e attività indirette legate al settore), per l’azionariato di maggioranza l’utile non ha forma monetaria.

Quell’utile è immateriale ed è di natura socio-culturale. Da questo punto di vista quindi non vi è alcun dubbio sulla risposta da dare alla domanda: Turismo per la Cultura o Cultura per il Turismo?

Turismo per la Cultura.

Il visitatore è un consumatore e quindi interessante nell’analisi economica per studi di sviluppo e correttivi. La permanenza, momentanea o residenziale, accomuna sia i turisti che i residenti che condividono il medesimo spazio in lassi di tempo diversi. La modellazione dello spazio ambientale e culturale che ha come riferimento la permanenza transitoria, e le sue esigenze, comporta direttamente un riflesso sulla vita sociale e culturale della città stanziale. E questa, di converso, nel suo autonomo rimodellarsi, rimodula anche l’offerta, il prodotto presentato al mercato turistico. Un ambito interseca e modifica l’altro e ne è alimentato in una variante continua e solidale. La politica determina il primato di uno dei due: Politica del Turismo e della Cultura

Inscindibilità di turismo da cultura.

Altrove si  cercherà di dimostrare come la semplice analisi delle problematiche del turismo non possa essere slegata da quella socio-culturale, ma anzi che questa è l’unica via possibile per il miglioramento delle condizioni di quel comparto economico.

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Prossimo articolo: Quale Assisi?

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9 – Quale Assisi?

 
Assisinews 02/02/18

Paolo Ansideri: “Quale idea di Assisi siamo autorizzati a comporre”

Quanto argomentato fin qui, può essere riassunto come tentativo di delineare una filosofia di fondo,  di riferimento, a partire dalla quale iniziare un’ipotesi di progetto operativo, ma rappresenta comunque una riduzione della “Questione Assisi” rispetto alla sua complessità che ho tentato invece di esplorare più in profondità in “Dal dossier Assisi al progetto Assisi” (www.oicsriflessioni.it).

Cercherò quindi di delineare alcuni tratti di ipotesi operative, a cui si sta da tempo ragionando, a partire da un assunto già precedentemente esposto:
Assisi, come Assisi dei residenti, territorio e comunità locale.
Assisi internazionale.
E’in realtà questa duplicità che dà conto della peculiarità e specialità di Assisi rispetto a molto altro del panorama nazionale, ma anche internazionale, costituendone, a mio parere, la potenzialità fino ad oggi inespressa.
La differenza tra la dimensione ultracittadina e quella internazionale, risiede nel fatto che la prima è legata ad un’immagine che la città dà di sé legata alla classicità del valore artistico e religioso e quindi il significato attribuito a quel nome raccoglie l’attenzione di una platea in qualche modo tradizionale, mossa dall’intento di visita turistica.
La seconda nasce innegabilmente dall’evento dell’incontro interreligioso del 1986. Vi era già stato per la verità lo storico incontro con Enrico Berlinguer nel 1983 di cui Enzo Fortunato scrive: “ …Per oltre un mese si parlò e si scrisse di quell’incontro, dipingendo me come Francesco d’Assisi e Berlinguer come il lupo cattivo di Gubbio. Un’esagerazione!» (Berlinguer, quell’incontro con Francesco, di E. Fortunato in Sanfrancesco.org).
Ma l’evento di quell’anno ha posto davanti ai media del mondo, qualcosa che prima nella storia dell’umanità non era mai accaduto: le religioni si incontrano e gli Dei presiedono all’evento.
Potenza simbolica assoluta, risonanza planetaria. Di questa onda questo luogo tutt’ora gode. Questa aura gli conferisce tutt’oggi una autorevolezza internazionale indiscussa: quello che qui accade, in quanto QUI, ha un significato e rilevanza simbolica che assicura all’accaduto la massima attenzione.
Vi è quindi una propensione nell’aria ad ascoltare quanto qui accade, e questa attenzione, è appunto completamente avulsa dal valore strettamente artistico e confessionale. Non ha immediato ritorno turistico, non è legata alla grandiosità dell’opera monumentale né al moto di devozione al sacrario. Paradossalmente questa dimensione libera il messaggio di Francesco dal contesto materiale, geografico. Quello che da qui proviene verrà ascoltato anche senza venire qui, perché quella autorevolezza rende incline all’ascolto. L’orecchio internazionale è qui teso ad ascoltare qualcosa che può essere interessante (il nome Francesco del papa aiuta?) ed il New York Times come Le Monde di questo potrebbero scrivere.
L’opportunità che va colta è a mio avviso proprio quanto scritto nel documento del Vicariato:  “ … la Città, ..diventi un “laboratorio” permanente di riflessioni e incontri tra religioni e culture” (pg.1-p3 – l’omissione di altre parti del testo non è casuale: solo questo è quanto risulta per me interessante)
Ma la scommessa, il passo ulteriore che bisogna osare è racchiuso proprio nella seconda parola: “culture”
In virtù di quell’aspettativa ed autorevolezza internazionale di cui il sito gode, va spostato l’indicatore nella direzione della cultura: e per questo opero sicuramente una distinzione tra la cultura intesa come ambiente culturale di cui abbiamo parlato finora e la “cultura alta, specialistica e multidisciplinare”che esubera quell’ambiente, ma che non può neanche essere esaurita da quanto trattato dagli istituti ed enti di derivazione religiosa, prospettati dal Vicariato (Istituto teologico, Istituto superiore di scienze religiose, Società internazionale di studi francescani).
Se per “laboratorio” alludiamo ad un che di permanente, attivo costantemente nel tempo, per l’intero anno e negli anni, strutturalmente impegnato in attività di studi, ricerca o produzione culturale in senso lato, su questo convengo, ma questa attività non dovrà avere ad oggetto temi religiosi, già coperti dagli istituti di cui sopra, ma ambiti disciplinari e filoni culturali di altro genere ed interesse.

Gli articoli precedenti sono pubblicati in http://www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisioggi”
Prossimo articolo: ASSISI CITTA’ INTERNAZIONALE DI CULTURA PER LA FORMAZIONE E PRODUZIONE CULTURALE

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10 – Assisi città internazionale di cultura per la formazione e produzione culturale

 
Assisinews 06/02/18

Paolo Ansideri: “Assisi città internazionale di cultura per la formazione e produzione culturale”

Per ragioni di sintesi non posso qui che accennare ad alcuni temi che costituiscono il significato del titolo sopra esposto e che sono più approfonditamente trattati nel documento “Dal dossier Assisi al progetto Assisi”  e nell’altro che si sta approntando e che riguarderà i dettagli operativi.

Formazione ad Assisi

Una ricognizione sommaria dell’esistente già segnala in città la presenza di altro, oltre quanto citato nel documento vicariale (Unipg: economia del turismo, preparazione ecclesiastica, studi francescani):In ambito universitario il master di II livello sulle Smart cities dell’Università degli Studi di Perugia.In ambito privato scuola di lingua italiana accreditata dal Miur (Accademia di Lingua Italiana), Corsi specialistici gestiti dalla Cittadella Cristiana (arteterapia,  studi cristiani ecc..), corsi privati di musica (Resonars), teatro (Piccolo Teatro degli instabili), summer school di vario genere, musica, yoga, cultura. Una più attenta esplorazione del fenomeno, condotta con criteri professionale, potrebbe portare a scoprire che l’insieme di tutto questo già costituisce di per sé un compatto elemento che portato all’evidenza mediatica potrebbe avere anche una valenza di incremento turistico o di attrazione regionale.

Ma su questo è possibile a mio parere esplorare altre strade in parte già iniziate.Recentemente, come emanazione del Cortile di Francesco, il Sacro Convento ha organizzato corsi di formazione per architetti, ingegneri e geometri, con tanto di crediti formativi, sul tema della ricostruzione post-sismica dimostrando nei fatti come anche un ente religioso possa affrancarsi dalla mistica francescana entrando in pieno nelle tematiche del nostro tempo. L’humus storico-culturale di cui si enfatizza la sola valenza estatico-contemplativa è l’ambito artistico. Se è vero, come è vero, che Giotto è pietra miliare per l’arte occidentale bisognerà, ad esempio,  prendere in seria considerazione il fatto che molti degli studenti cinesi che vengono ad Assisi per imparare l’italiano, una volta acquisito il titolo, si iscrivono ad accademie d’arte.

Vi è sicuramente una predisposizione, connaturata nel sito patrimonio Unesco, per il filone delle arti su cui si può ragionare (progetti sono già in elaborazione) per percorrere sia la via della formazione, ma anche della produzione artistica con aspirazioni di valenza internazionale. Il cantico delle creature, non è solo inno al creato, è anche un importante documento per la storia della letteratura italiana.. filone linguistico-letterario

Ma non necessariamente si deve sviluppare solo quello che è in nuce. Si può implementare qualcosa di apparentemente avulso dal contesto, ma paradossalmente legato a “luoghi francescani”: la gemellata San Fransisco e dintorni sono sede di tre università ai primi posti del World Universties Ranking 2016: Stanford University, Palo Alto al 2°, il California Institute of Technology al 5° e la University of California, Berkeley al 28°. La Silicon Valley è il cuore dell’economia digitale mondiale, lì hanno la loro sede le più importanti aziende del settore dell’ICT.Sarà forse più lungimirante rifondare il gemellaggio ripartendo proprio da queste tematiche piuttosto che ripetere i rituali della pace e dell’ambiente o le altrove già sfruttate vie del Jazz?

Penso a master o summer school su ICT (Information and Communication Tecnology), su cui si è già raccolto formale interesse da parte di settori del mondo accademico locale.La dimensione dell’aspettativa internazionale sul luogo Assisi, in virtù dei fatti storici descritti, consente di ipotizzare che la formazione e produzione culturale possano facilmente attingere alle massime competenze internazionali chiamate ad eventuali docenze o ricerche specifiche, che andrebbero ad aggiungersi ad eventuali iniziative degli atenei o istituzioni locali e nazionali. La possibilità cioè che le attività citate possano svolgersi su livelli di specializzazione e ricerca extrauniversitaria, di caratura internazionale, non sembra qui così remota. Ci è già capitato di trovare il consenso su alcuni ipotesi da parte di importanti intellettuali europei.

Non posso qui ulteriormente addentrarmi in particolari, ma citerò in maniera elencativa solo alcune iniziative ed ambiti di intervento di valenza locale (nell’intenzione di rivedere l’assetto dell’ambiente culturale più volte citato) o di valenza superiore.

  • Censimento e possibile documentazione delle emergenze culturali e paesaggistiche di rilievo del territorio, siano esse costituite da beni culturali, naturali, sociali o di storia, costume, tradizioni e memoria locale
  • Attivazione di filoni del turismo monotematico (naturalistico nei diversi settori di interesse in cui si suddivide, architettura contemporanea e rurale, bibliofilia, esperienziale ecc..)
  • Gemellaggi: sviluppo di quelli esistenti con il maggior tasso di profitto culturale, sociale o economico (vedi esempio fatto di San Francisco), attivazione di nuovi gemellaggi verso Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia e verso la Cina, secondo gli stessi criteri sopra citati
  • Assisi come città di riferimento per le maggiori ricorrenze culturali annuali: Unesco, Mibact, Miur, regionale ecc..

Assisi per l’arte contemporanea:

  • ripensamento dei non luoghi come possibili contenitori di arte contemporanea come i parcheggi coperti (vedi metropolitana di Napoli) o l’ex distributore di via Madonna dell’Ulivo (proposta già avanzata ad Eni da parte del sindaco Proietti)
  • ripensamento dei contenitori storici non utilizzati come contenitori d’arte (Rocca Maggiore) o atelier e scuole periodiche e cicliche di grandi artisti internazionali (Monte Frumentario)

Formazione ad Assisi :

  • Summer school su ICT con l’aiuto della città di San Francisco e in collaborazione con Unipg
  • Ciclo breve di lezioni specialistiche e multidisciplinari a titolo sperimentale con gli ospiti delle grandi manifestazioni
  • Programma di vacanze studio in collaborazione con strutture ricettive ed in analogia con le vacanze esperienziali
  • Cultura e formazione delle comunità non italofone residenti nel territorio, per la continuità linguistica e la valorizzazione della cultura d’origine
  • Iniziative per la facilitazione dello scambio linguistico tra gli studenti residenti e quelli di provenienza straniera accumunati dalla necessità di apprendimento della reciproca lingua.
  • Presentazione delle tesi di laurea degli studenti universitari residenti ad Assisi con iscrizione a qualsiasi ateneo umbro o non.
  • Commissionare tesi di laurea, studi e concorsi di idee su tematiche di interesse del comune di Assisi e relativa pubblica presentazione

In questo scenario gli eventi possono, qualche volta, rappresentare il moto propulsore e acceleratore del processo o il naturale epilogo.

Gli articoli precedenti sono pubblicati in http://www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisioggi”Gli articoli precedenti sono pubblicati in http://www.oicosriflessioni.it

Prossimo articolo: Assisi nel tempo presente. Il percorso progettuale

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11 – Assisi nel tempo presente. Il percorso progettuale

 
Assisinews 09/02/18

Paolo Ansideri: “Quasi sempre si varano iniziative senza prima dichiararne i benefici attesi”

foto Bruxelles, Hotel Metropole, 3 novembre 1911, prima conferenza mondiale di fisica 

Tutto quanto scritto fino ad ora, essendo per alcune parti ipotesi di lavoro, necessita di un prudenziale percorso di ricerca, analisi e ponderazione collettiva, basato su relazioni ed incontri ad ampio raggio con attori del panorama culturale locale, nazionale o anche internazionale, per la delineazione maggiormente attendibile di un progetto culturale frutto di un approfondimento professionale/scientifico delle tematiche su cui la città sta già interrogandosi (riepilogando o ripetendo alcuni temi sopra citati):

  • musei e mostre d’arte
  • teatro ed eventi
  • comunicazione e web
  • formazione e produzione culturale
  • economia e turismo
  • arredo urbano e architettura
  • altro                                

Potrebbero da tutto questo nascere nuovi attrattori culturali, laddove la produzione culturale nasce dalla reale esigenza culturale e non dal condizionamento dell’incoming? Esperendo una via che vedendo la cultura senza condizionamento e come fine, esprime paradossalmente il miglior prodotto turistico possibile? E quale via praticabile per un possibile, ma anche fallibile tentativo di reinsediamento nel centro storico, se non quello della produzione culturale? Fabbri e commercialisti , falegnami ed avvocati nel centro storico?

La tensione economicistica investe sull’immediata realizzazione del fatturato presente, tralasciando politiche di lungo periodo, le uniche, FORSE, che possono garantire che si coniughino tra loro le esigenze economiche e i bisogni culturali dei residenti e dei visitatori

Studiare il problema e ridurre aforismi, slogan e citazioni

I criteri di valutazione

Perché si dovrebbe scegliere quello che io propongo e non quello che propongono altri? Quale delle varie proposte è la migliore? Le proposte pervenute dal sottoscritto e quelle formulate dal documento Assisi nel terzo millennio, entrambe credo in forma organica e dimensione “politica”, si inseriscono nel proliferare di idee e proposte di tutti i tipi che da sempre si posano sui tavoli dei sindaci ed assessori di Assisi perché un tale palcoscenico è da un lato amato dai residenti e dall’altro ambito dagli operatori culturali esterni. Perché a quella mostra viene concesso il contributo ed all’altra no? Perché quello spazio pubblico viene adibito a quell’uso e non ad un altro? Perché viene finanziato quell’evento, quell’opera pubblica  e non un’altra?

Dato che come si diceva la politica è scelta, qualcosa si sceglie e molto dovrà essere scartato, e dato, come ho cercato di dimostrare in tutto lo scritto, che i valori di fondo sono quelli che presiedono alle scelte operative della linea politica, si dovrà convenire sulla necessità dell’applicazione di un criterio di valutazione che renda le scelte non arbitrarie, ma ponderate ed il più oggettive possibili.

La delineazione di una linea di politica culturale certa, chiara e pubblicamente manifesta, consente come prima istanza di accogliere o respingere quelle proposte che sono o no in linea con quella strategia. Questo permette di evitare quello che è il massimo degli arbitri: l’adesione ad improbabili iniziative sostenute solo perché l’assenza di strategia, il vuoto progettuale, favorisce qualsiasi cosa che permetta di riempire quel vuoto: Museo Pericle Fazzini, Festival Internazionale della Felicità, Museo della Boxe.
Premessa quindi l’affinità culturale con i principi che ispirano l’azione politica scelta, l’adozione di un tale criterio non potrà che esprimersi secondo aree di valutazione e parametri misurabili, da applicare preventivamente ed a consuntivo di ogni iniziativa, fermo restando la sana pratica del buon senso e lontano da pretese scientiste.

Queste aree sono griglie valutative.

  • Economiche. Costi e ricavi diretti ed indiretti sul bilancio comunale e sull’economia locale
  • Sociali. Benefici e svantaggi apportati all’ambiente cittadino e rispondenza a valori di socialità scelti
  • Culturali. Rilevanza attribuita dagli specialisti del settore interessato all’iniziativa, opera, attività
  • Turistiche. Contributo all’incremento degli arrivi.

Non potendo scendere nel dettaglio di ogni singola griglia, mi limiterò ad accennare ad alcuni indicatori della griglia turismo, nel caso di un evento di durata limitata nel tempo, essendo leggermente diversi i parametri, per esempio nel caso di musei.

Se lo scopo è, come sopra esposto, il conseguimento di un incremento degli arrivi, allora il primo dato da rilevare saranno gli arrivi registrati l’anno precedente nel medesimo periodo scelto. Da qui si dovrà partire per misurare prima l’aspettativa e poi l’esito dell’iniziativa.

E per misurare la corretta aspettativa, in generale quali sono gli eventi che registrano il maggior numero di presenze in Italia, Umbria, comprensorio, comune? Di che genere sono, sportivo, enogastronomico, intrattenimento culturale, musicale, teatrale, rievocazione storica? A quali di questi generi appartiene l’evento ipotizzato? Dunque quale è il numero massimo di riferimento? Quindi dato il numero massimo di riferimento, questo andrà riponderato secondo un’ulteriore indagine: quanti eventi dello stesso genere esistono in Italia, Umbria ecc.? Quanti nello stesso periodo, poco prima o poco dopo? E dunque quale è l’indice di interesse, la capacità attrattiva stimata, quanto a provenienza, dei visitatori? Nazionale, regionale, comprensoriale? Esistono nello stesso periodo, per lo meno nel comprensorio, altri tipi di eventi che possono attrarre il pubblico potenziale dell’evento, drenandogli presenze? Dato tutto questo quale è plausibilmente il numero prevedibile di visitatori?

Che valutazione diamo dell’effetto comunicativo (diffusione del brand Assisi nel pubblico vasto anche di tutti quelli che non avranno partecipato all’evento), memoria (durata dell’impressione mnemonico-emozionale nello spettatore) e fidelizzazione (dipende dalla durata dell’effetto memoria: dopo l’evento il fruitore sarà portato o no a ritornare il prossimo anno?)

Su questa griglia preventiva e progettuale si dovrà poi redigere il consuntivo di verifica.

Si rimanda alle tabelle tipo pubblicate nel documento sotto citato per la specifica della redazione tecnica di tali sistemi valutativi.

La conclusione di questi miei interventi, limitandosi ad enunciare quattro parole, non può che rimandare al testo “Dal Dossier Assisi al Progetto Assisi”, consultabile in www.oicosriflessioni.it:

Obiettivo: Assisi città internazionale della cultura, per la formazione e produzione culturale

Metodo: Percorso di incontri e relazioni per l’approfondimento del “Progetto Assisi”

Antefatto: Stati generali della cultura e del turismo della città di Assisi

Imprescindibili:  Sacro Convento San Francesco, Cittadella Cristiana

Tutti gli articoli sono pubblicati in http://www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisioggi”

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