I segni nel creato

I segni nel creato

di padre Enzo Fortunato – 16/09/18
Articolo pubblicato sul magazine Riflesso “Emergency”, speciale sulla Cultura delle Emergenze  – www.riflesso.info

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Articolo di approfondimento per la sezione Architettura e Design de

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Il design,  nell’accezione corrente, viene inteso come l’applicazione agli oggetti prodotti per la vita quotidiana, di una particolare connotazione estetica, di una particolare attenzione al lato formale che, fondendosi con la funzione strumentale, lo rende portatore di un particolare significato. Questo significato è un significato culturale che nel corso dell’ultimo secolo è cresciuto in maniera determinante e permeante la quotidianità dell’occidente e che ha finito per diventare habitat della cultura occidentale stessa, se si considera che il design nasce dal segno grafico dei più grandi architetti dei primi del novecento (Le Corbusier, il Bauhaus con Gropius e Van der Rohe ecc..). L’architettura nella dimensione urbana, il design nella dimensione domestica e strumentale sono la cifra formale, il segno caratteristico della dimensione visiva della realtà delle comunità urbane occidentali. Lo stesso vestirsi è firmato, un mondo firmato e disegnato dalle case alle cose.

La massima parte degli oggetti prodotti e del visibile metropolitano (il 51% della popolazione mondiale vive nelle città) è progetto architettonico e disegno industriale

Il disegno ci circonda, ed è dunque diventato ambiente fino al punto che con la rivoluzione digitale è nostra protesi, visuale identità formale, duplicazione formale e alterazione della persona, duplicata in forma di profilo, aumentata, migliorata: ri-disegnata…

Lo schermo è il nuovo skyline e le nostre persone vi vivono dentro in forma di profilo e immagine serialmente duplicata. Da Enciclopedia Treccani: “Design Industriale: progettazione di oggetti destinati a essere prodotti industrialmente, cioè tramite macchine e in serie.”

Se l’ambiente artificiale sta lentamente sostituendo l’ambiente creato, fino ad essere il nostro Habitat, altrettanto lentamente la natura sta diventando solo un luogo che, separato dal quotidiano, è al massimo da custodire, preservare o da vivere come meta turistica.

Credo che il tempo in cui viviamo debba ritrovare l’armonia da cui il disegno nasce, ricordare l’origine di quei segni che altro non sono che repliche di quanto già il Creato ci propone: i segni della terra e del cielo, la linea dell’orizzonte e le geometrie della natura, dal cristallo al fiore. Non possiamo altro che replicare nel nostro inventare, chè, come qualcuno diceva, la nostra fantasia non fa altro che ricomporre in modo diverso ciò che ha già visto fuori di sé: il centauro.

Come ci ha insegnato Francesco, deve rimanere saldo il senso dell’armonia del Creato e della bellezza del rapporto tra gli esseri creati, dove la dimensione di ognuno è relazione con l’altro nella assoluta relatività di ognuno dinanzi al Creatore. Non perdere di vista il senso della dimensione parziale e non assoluta delle cose, la loro e nostra Povertate et Humiltate, non sfociare nella presunzione della sostituzione del Creato con il Prodotto in una cieca corsa all’espulsione della natura dalla dimensione visiva dell’umano.

Lasciare sempre che l’ineffabile e spogliata, nuda bellezza delle dimensione divina, che il Creatore ha conferito alle sue creature, affiori come lato non del tutto disegnato o disegnabile degli oggetti che quotidianamente produciamo e di cui ci circondiamo: lasciamo che anche un solo fiore nella nostra abitazione ci rammenti che non siamo noi i produttori, ma che l’intero nostro globo è il respiro ancora incomprensibile della Potenza d’Amore che scorre tra noi e le cose, tra i vermi che si nascondono tra le zolle e le ruote di una Ferrari che sfreccia sulla carreggiata, tra le nuvole sopra Bilbao e il Guggenheim che le osserva, tra l’acqua che ci disseta e la caraffa che la contiene, disegnata da Patricia Urquiola per Kartell.

Termino con il famoso ed antico apologo dei tagliatori di pietra:

“Durante la costruzione di una cattedrale medievale a tre tagliatori di pietre  fu rivolta a turno la stessa domanda: “Che cosa stai facendo?. “Come vedi, sto tagliando pietre”, replicò il primo in tono seccato. il secondo rispose: “Mi guadagno la vita per me e la mia famiglia”. Ma il terzo disse con gioia: “Sto costruendo una grande cattedrale!”

Questo ci dice come sia necessario trovare un significato profondo, come dalla pietra, dalla materia informe, l’artista crea la sua arte, allo stesso modo dobbiamo essere artefici della bellezza della nostra vita ovvero darle un senso.

 

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